L’incarico per il concordato e la pretesa creditoria
Un professionista aveva richiesto l’ammissione al passivo fallimentare per un credito di quasi 300mila euro, relativo all’assistenza fornita a una società poi fallita, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo. La domanda è stata respinta, e la decisione è stata confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19174 depositata il 14.07.2025.
Attività svolta senza vantaggio per la massa
I giudici hanno ritenuto che le prestazioni rese non avessero prodotto alcuna utilità concreta. Il professionista, infatti, aveva omesso di vigilare sull’operato della società, consentendo pagamenti selettivi e non autorizzati per circa due milioni di euro in favore di alcuni creditori, in violazione del principio di parità di trattamento.
Violazioni gravi e inadempimento contrattuale
Secondo il tribunale, tali pagamenti, effettuati dopo il deposito della domanda di concordato e senza autorizzazione giudiziale, sono stati pregiudizievoli per la massa dei creditori. Il professionista, non avendo informato adeguatamente la società delle regole previste dall’art. 182-quinquies l.fall., è stato ritenuto gravemente inadempiente.
Diligenza e obblighi del professionista incaricato
Chi accetta l’incarico di assistere un’impresa nella predisposizione di una proposta di concordato ha l’obbligo di agire con la massima diligenza, nel rispetto delle disposizioni normative. La proposta deve essere non solo formalmente corretta, ma anche funzionale a ottenere l’ammissione e l’approvazione della procedura.
Prestazione priva di efficacia: niente compenso
La Cassazione ha ribadito che, pur non trattandosi di un’obbligazione di risultato, il diritto al compenso nasce solo in presenza di una prestazione concretamente idonea al raggiungimento dello scopo pattuito. Se, invece, l’attività risulta inefficace, dannosa o contraria alla legge, il compenso non è dovuto.
Imperizia e responsabilità
L’omessa informazione sul divieto di effettuare pagamenti concorsuali dopo il deposito della domanda è stata qualificata come imperizia grave, derivante da ignoranza delle norme fondamentali in materia fallimentare. L’eventuale coinvolgimento del cliente nelle scelte operative non esonera il professionista dalla responsabilità.
Conclusione: prestazione inadempiuta, credito escluso
Nel caso esaminato, la Corte ha concluso che l’obbligazione del professionista è rimasta totalmente inadempiuta e priva di effetti utili per il cliente. Di conseguenza, il credito vantato non può essere ammesso al passivo, essendo venuta meno la causa giustificatrice del compenso.