La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 1679 pubblicata il 23 gennaio, ha deferito alle Sezioni Unite la questione interpretativa dell’art. 72, comma 5 della Legge Fallimentare (ora trasposto nell’art. 172, comma 5 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza). L’oggetto del quesito riguarda la risoluzione per inadempimento di un contratto di compravendita quando il fallimento dell’acquirente interviene successivamente.
La Corte è stata chiamata a esaminare la corretta interpretazione della norma in seguito all’impugnazione, da parte del curatore fallimentare, di un decreto del Tribunale di Roma. Quest’ultimo, accogliendo l’opposizione ex art. 98 L.F. presentata dalla società controparte, aveva stabilito che la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento dell’acquirente potesse essere decisa dal giudice delegato, a condizione che fosse stata trascritta prima della sentenza di fallimento.
Nel proprio ragionamento, la Cassazione ha illustrato i due principali orientamenti dottrinali emersi sulla questione. Il primo, noto come teoria della “divaricazione processuale”, distingue tra il giudizio ordinario e quello fallimentare: secondo questa interpretazione, la seconda parte dell’art. 72, comma 5 L.F. si riferirebbe esclusivamente alle richieste di risarcimento e restituzione, lasciando la domanda di risoluzione all’ambito della giurisdizione ordinaria (posizione sostenuta, ad esempio, dalla Cassazione con la sentenza n. 3953 del 29 febbraio 2016).
L’opposta teoria della “trasmigrazione integrale”, invece, sostiene che la domanda di risoluzione debba essere trattata nel contesto fallimentare, insieme alle richieste risarcitorie e restitutorie, di cui è strumentale (Cass. n. 2990 e n. 2991 del 7 febbraio 2020).
La Corte ha inoltre evidenziato una terza interpretazione più recente, secondo cui la domanda di risoluzione, se strettamente connessa alle richieste accessorie di risarcimento o restituzione, e se presentata in sede ordinaria prima della dichiarazione di fallimento, deve essere trasferita nella procedura fallimentare ai soli fini dell’accertamento del passivo. Tale impostazione è supportata dai principi di specializzazione, concentrazione e rapidità previsti dagli artt. 24 e 52 L.F. (Cass. n. 5368/2022 e Cass. n. 25393/2023).
Alla luce di queste divergenze interpretative, la Prima Sezione della Cassazione ha ritenuto opportuno demandare la questione alle Sezioni Unite, formulando il seguente quesito:
- Se l’art. 72, comma 5, L.F. debba essere interpretato nel senso che:
- La domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, proposta prima del fallimento e connessa alle richieste di restituzione o risarcimento, diventi improcedibile in sede ordinaria e debba essere trattata secondo il rito fallimentare, purché sia stata trascritta, garantendo così l’effetto prenotativo, salvo restare procedibile in sede ordinaria solo per finalità diverse dalla partecipazione al concorso;
- Oppure, se la domanda di risoluzione debba comunque proseguire in sede ordinaria (previa riassunzione nei confronti della curatela fallimentare a seguito dell’interruzione del processo ex art. 43 L.F.), mentre le richieste risarcitorie e restitutorie debbano essere proposte in sede fallimentare;
- Oppure, se la domanda di risoluzione possa essere esaminata in sede ordinaria solo se trascritta prima della dichiarazione di fallimento, beneficiando dell’effetto prenotativo e dell’opponibilità al fallimento ex art. 45 L.F., mentre negli altri casi debba essere trasferita in sede fallimentare unitamente alle richieste risarcitorie e restitutorie.
- In tutti i casi, quali siano le modalità di prosecuzione del giudizio in sede fallimentare.
- Se, nei casi in cui la domanda di risoluzione venga trasferita in sede fallimentare, la relativa decisione abbia efficacia esclusivamente ai fini del concorso.
- Se, nei casi in cui la domanda di risoluzione rimanga procedibile in sede ordinaria, esista un meccanismo processuale di coordinamento tra tale giudizio e il procedimento fallimentare relativo alle domande accessorie, e in particolare, quali siano le modalità da seguire per l’ammissione al passivo di tali richieste.