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Introduzione

Lo sviluppo del lavoro da remoto ha condotto, in misura crescente, a situazioni in cui il lavoratore svolge la propria attività da uno Stato diverso rispetto a quello in cui è stabilita l’impresa. Questo fenomeno, definito come smart working transfrontaliero, comporta una serie di implicazioni giuridiche complesse, che richiedono una valutazione preventiva e multidisciplinare da parte del datore di lavoro, soprattutto nei suoi aspetti giuridici essenziali.

Smart working transfrontaliero: aspetti giuridici essenziali e tutela del lavoratore

In primo luogo, il tema della legge applicabile al contratto di lavoro impone un richiamo al Regolamento (CE) n. 593/2008 (“Roma I”). Sebbene il datore e il lavoratore possano convenzionalmente individuare la legge regolatrice del rapporto, tale scelta non può comportare un pregiudizio per le disposizioni imperative del diritto del Paese nel quale il lavoratore presta abitualmente la propria attività. In caso di svolgimento continuativo dell’attività lavorativa in un diverso Stato membro dell’Unione Europea, sarà necessario confrontarsi con le tutele inderogabili previste dalla legislazione locale, tra cui, a titolo esemplificativo, retribuzione minima, orario massimo di lavoro, congedi, misure di sicurezza. Il testo del regolamento è disponibile sul portale EUR-Lex: Regolamento Roma I.

Previdenza e contribuzione nei rapporti UE

Dal punto di vista previdenziale, il Regolamento (CE) n. 883/2004, applicabile ai rapporti di lavoro transnazionali nell’UE, stabilisce che il lavoratore è soggetto, di norma, alla legislazione dello Stato in cui esercita effettivamente la propria attività. In particolare, ove almeno il 25% dell’attività venga prestato nel Paese di residenza del lavoratore, la contribuzione dovrà avvenire secondo il sistema previdenziale di quello Stato. Di conseguenza, il datore di lavoro può essere tenuto a registrarsi presso gli enti previdenziali esteri e adempiere agli obblighi contributivi locali. Informazioni operative aggiornate sono consultabili sul sito ufficiale della Commissione Europea: EU Social Security Coordination.

Residenza fiscale e rischio di stabile organizzazione

Sotto il profilo tributario, la permanenza stabile del lavoratore all’estero può determinare l’acquisizione della residenza fiscale nel Paese di svolgimento dell’attività, con obbligo di tassazione dei redditi ivi prodotti. I criteri variano in base alla normativa interna e alle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, ma è opportuno ricordare che la soglia dei 183 giorni è solo uno degli elementi valutativi. A ciò si aggiunge il rischio, non trascurabile, che la prestazione di lavoro all’estero possa essere considerata elemento sufficiente a configurare una stabile organizzazione dell’impresa nel Paese ospitante, con relative conseguenze in termini di tassazione diretta. L’OCSE, in un documento del 2021, ha fornito chiarimenti interpretativi sull’eventuale insorgenza di stabili organizzazioni nel contesto del lavoro da remoto, consultabili al seguente link: OECD – Guidance on Tax Treaties and COVID-19.

Smart working in Paesi extra-UE: visti e permessi

Ulteriori complessità emergono nei casi in cui il lavoratore risieda e operi in un Paese extra-UE. In tali ipotesi è fondamentale valutare la disciplina locale in materia di immigrazione e visti. Taluni ordinamenti richiedono il rilascio di permessi anche per attività da remoto svolte a favore di un datore di lavoro estero. Al contempo, si registra la diffusione crescente di strumenti normativi quali i digital nomad visa, concepiti per attrarre lavoratori remoti altamente qualificati, come ad esempio in Estonia, Portogallo o Croazia.

Raccomandazioni operative per le imprese

Alla luce di quanto sopra, si raccomanda agli operatori economici, in particolare alle imprese multinazionali e ai gruppi transnazionali, di adottare un approccio strutturato e conforme alle normative vigenti. È opportuno predisporre contrattualistica ad hoc, sviluppare policy interne dedicate alla gestione del lavoro transfrontaliero e, soprattutto, coordinarsi con consulenti del lavoro, fiscalisti e legali internazionali per prevenire contenziosi e sanzioni.

Conclusioni

Lo smart working transfrontaliero rappresenta una frontiera innovativa del diritto del lavoro e della gestione aziendale. Comprenderne lo sviluppo richiede attenzione ai profili fiscali, previdenziali e contrattuali, ma soprattutto ai principi fondamentali che regolano lo smart working transfrontaliero nei suoi aspetti giuridici essenziali per garantire conformità e sostenibilità nel tempo.Perché tale innovazione si traduca in vantaggio competitivo e non in fonte di rischio, è necessario affrontarla con strumenti giuridici adeguati e visione strategica.

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