Le polizze corpi rappresentano una forma specifica di assicurazione contro i danni, finalizzata a coprire i pregiudizi materiali e diretti che colpiscono il bene assicurato — veicolo, nave o aeromobile — indipendentemente dalla responsabilità dell’assicurato. Nell’ambito di queste coperture, particolare rilievo assumono le polizze corpi: “All Risks” e le clausole di esclusione.
Le prime offrono una protezione ampia, estesa a tutti i danni non espressamente esclusi; le clausole di esclusione, che delimitano in negativo l’oggetto della garanzia, costituiscono il principale terreno di contenzioso, richiedendo un’attenta lettura sistematica del contratto e una corretta applicazione dei criteri ermeneutici.
Sebbene il termine sia storicamente legato all’ambito marittimo (corpi di navi) e aeronautico (corpi di aeromobili), esso si è esteso per analogia anche al settore dei veicoli terrestri.
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Inquadramento Normativo e interpretazione contrattuale
Le polizze corpi rientrano a pieno titolo nel genere dell’assicurazione contro i danni, disciplinata dagli articoli 1904 e seguenti del Codice Civile. La loro funzione è quella di applicare il principio indennitario, in base al quale l’assicuratore si impegna a “rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro” (art. 1882 c.c.).
La normativa di settore, contenuta nel D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private – CAP), classifica i rischi in specifici “rami”.
È fondamentale distinguere le polizze corpi (come la garanzia Kasko) dalla polizza di Responsabilità Civile Automobilistica (RCA), che rientra nel Ramo 10 (Responsabilità civile veicoli a motore terrestri). Mentre la RCA copre i danni cagionati a terzi, la polizza corpi tutela l’assicurato dai danni subiti dal proprio veicolo, indipendentemente dalla responsabilità [2].
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Polizze Corpi: all risks e clausole di esclusione
Il cuore del contratto di assicurazione corpi risiede nella precisa delimitazione del rischio coperto.
Le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, definiscono l’oggetto della garanzia attraverso l’inclusione di specifici eventi (polizze “named perils”) o, più frequentemente, attraverso la copertura di “tutti i rischi” non espressamente esclusi (polizze “all risks”).
La giurisprudenza è costante nell’affermare che la delimitazione del rischio non costituisce una clausola limitativa della responsabilità dell’assicuratore (soggetta alla disciplina delle clausole vessatorie), ma definisce l’oggetto stesso del contratto.
“…la limitazione del rischio assicurativo rientra nell’autonomia contrattuale delle parti e non snatura il contratto di assicurazione, ma ne delimita l’oggetto, senza pertanto costituire una limitazione della responsabilità dell’assicuratore.”.
a) Polizze “All Risks”
In questa tipologia di polizze, l’assicuratore si impegna a indennizzare tutti i danni materiali e diretti subiti dal bene assicurato, qualunque ne sia la causa, ad eccezione di quelli espressamente elencati nelle clausole di esclusione.
Un esempio di tale formulazione si ritrova in una polizza incendio con garanzia “All Risks” per il contenuto:
“Qualora sulla scheda di polizza alla Sezione Incendio sia richiamata la garanzia “all risks” gli articoli 4.3 “Oggetto dell’assicurazione” e 4.5 “Esclusioni” si intendono integralmente sostituiti dai seguenti. 4.8.1 Oggetto dell’assicurazione. La Società indennizza, nei limiti delle somme assicurate alle singole partite indicate nella Scheda di polizza, tutti i danni materiali e diretti, causati ai beni assicurati da qualsiasi evento, qualunque ne sia la causa, salvo quanto non espressamente escluso”.
b) Clausole di Esclusione
Le clausole di esclusione sono il fulcro di gran parte del contenzioso in materia assicurativa. Esse circoscrivono la portata della garanzia, escludendo dall’indennizzo danni derivanti da cause specifiche, da determinate tipologie di beni o verificatisi in particolari circostanze. L’onere della prova che il sinistro rientri in una clausola di esclusione grava sull’assicuratore.
Le fonti fornite offrono numerosi esempi di clausole di esclusione, applicabili per analogia anche alle polizze corpi:
Eventi atmosferici specifici: Una polizza escludeva i danni causati da “mareggiata e penetrazione di acqua marina”.
Danni a parti specifiche o in determinate condizioni: Una polizza escludeva i danni a “serramenti, vetrate e lucernai in genere, a meno che derivanti da rotture o lesioni subite dal tetto o dalle pareti”.
Un’altra escludeva i danni a “beni mobili posti all’aperto non per loro naturale uso o destinazione”.
Cause specifiche: Una polizza escludeva i danni “causati da fenomeno elettrico a macchine, impianti elettrici ed elettronici”.
Vizi o usura: Una polizza per apparecchiature elettroniche escludeva i danni “dovuti a deperimento, logoramento, corrosione, ossidazione, conseguenti al naturale uso o funzionamento”.
Attività specifiche: Una polizza RCT escludeva i danni “per le attività di installazione posa in opera rimozione riparazione e manutenzione svolte presso terzi”, salvo poi derogare parzialmente a tale esclusione con una clausola speciale.
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L’Interpretazione del Contratto di Assicurazione
L’interpretazione delle clausole contrattuali è un’attività cruciale, demandata al giudice di merito ma sindacabile in sede di legittimità qualora non rispetti i canoni ermeneutici legali.
La Suprema Corte ha più volte ribadito la necessità di un’interpretazione che vada oltre il mero dato letterale, per ricercare la comune intenzione delle parti e la causa concreta del contratto, applicando i principi di buona fede e di interpretazione sistematica.
a) Il Criterio della Buona Fede (art. 1366 c.c.)
Il canone della buona fede impone di interpretare il contratto in modo da salvaguardare il ragionevole affidamento di ciascuna parte sull’effettiva portata dell’accordo. La Cassazione ha sottolineato come tale criterio sia fondamentale per superare interpretazioni cavillose e formalistiche: “Mediante la buona fede viene individuata, superando l’interpretazione cavillosa che si circoscrive alla lettera, la causa concreta del contratto; e il giudice è sempre obbligato dall’articolo 1366 c.c. a interpretare il contratto secondo buona fede.”.
b) L’Interpretazione Sistematica (art. 1363 c.c.)
Le clausole del contratto non devono essere lette isolatamente, ma nel loro complesso, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto. Un’interpretazione atomistica, che si limiti a una singola clausola senza contestualizzarla, è stata censurata dalla Cassazione:
“[la ricorrente] lamenta che la Corte d’appello non abbia in alcun modo proceduto ad una esegesi complessiva ed accurata del contratto di assicurazione; in particolare, avrebbe omesso di esaminare la questione centrale costituita dal contrasto tra l’art. 2 delle condizioni generali e la decorrenza retroattiva espressamente indicata nel corpo della polizza…”
Un esempio pratico di potenziale conflitto interpretativo emerge da una polizza “All-Risks” che, da un lato, sembrava coprire i danni a veicoli di terzi in sosta, ma dall’altro conteneva una clau sola specifica e più restrittiva per i “Danni a veicoli iscritti al P.R.A.”, limitando la copertura solo a determinati eventi (incendio, eventi atmosferici, ecc.).
In casi come questo, l’interprete deve risolvere l’antinomia utilizzando i criteri legali, come il principio di specialità o l’interpretazione a favore dell’assicurato (art. 1370 c.c.).
c) Distinzione tra Sezioni di Polizza
È comune che una polizza contenga diverse sezioni di garanzia (es. Incendio, Furto, RCT). È essenziale interpretare le clausole di ciascuna sezione nel loro specifico ambito, senza estendere automaticamente le esclusioni previste per una sezione ad un’altra.
Un tribunale ha chiarito che una differente delimitazione dei rischi tra la sezione “Incendio-All Risk” e la sezione “Responsabilità Civile” è giustificata dalla diversa prospettiva del rischio (danno proprio vs. danno a terzi), impedendo di applicare le esclusioni di una sezione all’altra.
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Distinzione con Altre Tipologie di Polizze
Per una corretta comprensione, è utile distinguere le polizze corpi da altre figure assicurative:
Polizze Infortuni/Vita: A differenza delle polizze corpi, che hanno una funzione puramente indennitaria, le polizze infortuni e vita possono assumere una natura previdenziale.
L’indennizzo non è necessariamente commisurato al danno patrimoniale subito, ma a un
capitale predeterminato, svincolato dal principio indennitario.
Polizze di Responsabilità Civile (RCT/RCP): Come già accennato, queste polizze non coprono i danni subiti dall’assicurato o dai suoi beni, ma lo tengono indenne da quanto egli sia tenuto a pagare a terzi a titolo di risarcimento per danni a loro cagionati.
Polizze connesse a finanziamenti (CPI): Spesso abbinate a finanziamenti, queste polizze (Creditor Protection Insurance) sono finalizzate a garantire il rimborso del credito in caso di eventi che colpiscono il debitore (es. decesso, perdita del lavoro) e non coprono direttamente i danni materiali al bene finanziato, sebbene possano coesistere con polizze corpi
(es. furto/incendio).
Conclusioni
Le polizze corpi costituiscono una categoria specifica dell’assicurazione contro i danni, la cui efficacia dipende interamente dalla puntuale e chiara definizione del rischio assicurato nel contratto.
L’analisi della giurisprudenza evidenzia come il contenzioso si concentri prevalentemente sull’interpretazione delle clausole, in particolare quelle di esclusione.
Per l’avvocato, risulta quindi imprescindibile un approccio ermeneutico che non si fermi al dato letterale, ma che valorizzi la causa concreta del contratto e i canoni di buona fede e di interpretazione sistematica, al fine di determinare la reale estensione della copertura voluta dalle parti.
La distinzione tra la delimitazione dell’oggetto del contratto e le clausole limitative della responsabilità rimane un principio cardine per la corretta qualificazione delle pattuizioni e per la tutela dei diritti dell’assicurato.
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